Marco Sportelli - Ho cominciato pescando con il verme. Ero un bambino, compravo qualche amo, qualche metro di filo e canna ed esca le reperivo sul posto. I pesci erano pochi, e piccoli. Anno dopo anno la canna si è allungata, si è aggiunto un mulinello ed infine agli ami sono cresciute le piume. E’ successo a ventanni, militare a Verona: “… avevo notato sul lungo fiume un piccolo negozio che esponeva in vetrina, con semplicità, una discreta varietà d’attrezzatura da mosca. Tutte le sere, come un bimbo davanti al banco delle caramelle, m’incollavo alla vetrina sognando di trote, di mosche e di tutta la magia che doveva essere nascosta lì dentro, in quel piccolo negozio. Come investii il mio primo stipendio è scontato. Appena tornato a casa in licenza, montai canna, coda e finale. Legai alla meglio una mosca e senza che nessuno m’avesse insegnato (si vedeva, e si vede tuttora), provai a lanciare su delle timide bollate. Con mio grande stupore, nonostante le parrucche… due temerari cavedanelli si fecero catturare dalla mosca, ed io con loro. Per sempre”.
Questi primi pesci a galla e le sere di pesca nel Fibbio sono stati il mio inizio. Frequento e scrivo spesso dei miei piccolissimi torrenti appenninici, ma il sogno che mi scalda il cuore durante il lungo inverno è figlio di questo imprinting iniziale: “una risorgiva a fine Maggio, una schiusa in corso ed una trota di taglia che da mezz’acqua sale fino al tetto del suo mondo a ghermire grosse dun”. Terribili però le trote di risorgiva: ogni tanto mi fanno sentire nostalgia del bel galleggiantone bianco-rosso e del verme di letame che usavo da bambino!
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